La legge stabilisce delle distanze minime tra una costruzione e l’altra che devono essere rispettate, salvo determinate eccezioni. Così facendo si evita la creazione di spazi angusti ed insalubri tra edifici che potrebbero compromettere la sicurezza e la salute delle persone. La violazione delle norme in materia di distanze comporta che la costruzione effettuata ad una distanza minore deve essere arretrata alla distanza prevista dal codice o dai regolamenti comunali (anche mediante abbattimento di tutto o di parte della costruzione) oltre al risarcimento del danno a carico di colui che ha subito la violazione.

Le situazioni però non sempre sono così chiare e quindi la Suprema Corte o il Consiglio di Stato intervengono spesso sul tema.

Con la sentenza 11/09/2019, n. 6136 (allega alla presente), il Consiglio di Stato ha fornito un utile riepilogo dei principi giurisprudenziali in materia di distanze tra pareti finestrate.
Come è noto, l’art. 9 del D. Min. LL.PP. 1444/1968, al punto 2), prescrive per le nuove costruzioni ricadenti in zone diverse dalla zona territoriale omogenea A (quindi in zona diversa dal centro storico), l’obbligo di osservare una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate ed edifici antistanti.

Al riguardo il Consiglio di Stato ha ribadito alcuni interessanti principi:
– sull’inderogabilità della suddetta norma;
– sulla prevalenza della stessa sulle norme regolamentari e di pianificazione locale;
– sulle modalità di calcolo delle distanze;
– sulla nozione di pareti finestrate e obbligo di distanza minima anche per i tratti di parete in parte prive di finestre.

INDEROGABILITÀ DELLA NORMA
L’art. 9 del D.M. 1444/1968, laddove prescrive la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, ricadenti in zona diversa dalla zona A, va rispettato in modo assoluto, trattandosi di norma finalizzata non alla tutela della riservatezza, bensì a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto è inderogabile. Pertanto, le distanze fra le costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale e astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di guisa che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell’applicazione della disciplina in materia per equo contemperamento degli opposti interessi.

PREVALENZA SULLE NORME REGOLAMENTARI E DI PIANIFICAZIONE LOCALE
La norma di cui all’art. 9, D.M. 1444/1968 sulla distanza minima tra pareti finestrate prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze, sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei Comuni, in quanto derivante da una fonte normativa statale sovraordinata, sia infine sull’autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che non sono nella disponibilità delle parti. Ne consegue che il giudice è tenuto ad applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente inserita nel PRG al posto della norma illegittima.

CRITERI PER IL CALCOLO DELLA DISTANZA
La distanza di dieci metri, che deve sussistere tra edifici antistanti, va calcolata con riferimento a ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano. Tale calcolo si riferisce a tutte le pareti finestrate e non soltanto a quella principale, prescindendo altresì dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra.

NOZIONE DI PARETI FINESTRATE
Per “pareti finestrate” devono intendersi non soltanto le pareti munite di “vedute” ma, più in generale, tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce).
Al proposito è stato precisato che ai fini della verifica dell’inosservanza dell’obbligo di cui all’art. 9, D.M. 1444/1968 è sufficiente che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, ancorché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta: il rispetto della distanza minima è dovuto anche per i tratti di parete che sono in parte privi di finestra, indipendentemente dalla circostanza che la parete finestrata si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra.

Sentenza Distanze Fabbricati 11.09.2019