Un geometra ricorreva in Cassazione per ottenere il riconoscimento del diritto al compenso per le prestazioni professionali svolte in favore del committente e attinenti alla progettazione e direzione dei lavori per l’ampliamento con nuova costruzione di un fabbricato. Il Tribunale e, poi, la Corte d’Appello avevano condannato il professionista alla restituzione di quanto percepito a tale titolo e al risarcimento del danno, in quanto ritenevano che non avesse diligentemente adempiuto la sua prestazione professionale, sia in qualità di progettista che di direttore dei lavori, nonché avesse tenuto una condotta contraddistinta da infedeltà nei confronti del committente, prendendo le difese della ditta appaltatrice, nonostante i gravi errori nella realizzazione delle opere.
Il professionista sosteneva, tra l’altro, che, avendo il giudice di primo grado nella controversia tra committente e appaltatore riconosciuto il corrispettivo – seppur in misura inferiore a quanto pattuito – all’impresa appaltatrice, avrebbe con ciò dimostrato l’utilitas della prestazione offerta e che si sarebbe dovuto riconoscere anche il diritto al suo compenso, in quanto le opere erano state comunque da lui progettate e dirette.

In proposito la Corte di Cassazione, sezione civile, con la sentenza 20/01/2021, n. 1004, ha ricordato che in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto. Rientrano nelle plurime obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; sicché non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente.

Sulla base di tale principio la Corte ha affermato che il giudice ben può valutare la mancanza di utilitas della prestazione professionale in sé resa, ritenendola al di là di ogni parametro di diligenza e di professionalità secondo le leges artis, in relazione al contenuto degli obblighi correlati all’incarico di direzione dei lavori ricevuto dai committenti dell’opera e alle gravi violazioni riscontrate, a prescindere dall’esito della controversia nata in relazione al contratto di appalto, il quale è autonomo e distinto rispetto al contratto di direzione dei lavori.

È stato inoltre respinto il motivo di ricorso secondo il quale, avendo già statuito il giudice di primo grado il corrispettivo del contratto di appalto in misura inferiore, sulla base del principio della responsabilità solidale l’obbligo di risarcimento si sarebbe dovuto ritenere estinto nei confronti del direttore dei lavori. Sul punto è stato precisato che si tratta di due titoli negoziali affatto diversi, fonti di diverse obbligazioni e, dunque, di possibili differenti inadempimenti. Da un lato, il contratto d’appalto e i vizi dell’opera all’accertamento dei quali è seguito, nel caso di specie, un sensibile ridimensionamento del valore del corrispettivo nell’ambito della controversia tra la committente e l’appaltatrice; dall’altro, il contratto di opera professionale e il grave inadempimento del professionista nell’adempiere le proprie obbligazioni di direttore dei lavori e progettista.

Di conseguenza i giudici di legittimità hanno dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna alla restituzione delle somme per i compensi non dovuti e al risarcimento del danno equivalente ai costi affrontati per ovviare alle gravi negligenze riscontrate.

Sentenza Cassazione n. 1004 del 2021