Ventisette casi di tumore dal 1990 ad oggi. Diciassette morti e dieci malati. Sembra un bollettino di guerra, invece le cifre si riferiscono ai condomini di una palazzina di Bari. Siamo nel quartiere Japigia, in via Archimede 16 a pochi passi dal Palaflorio. Gli inquilini dell’alloggio popolare di proprietà dell’Arca – Agenzia regionale per la casa e l’abitazione, sono preoccupati. Dal primo al nono piano, su ogni pianerottolo ci sono almeno due casi di cancro. Allo stomaco, al fegato, al seno, al cervello, ma anche linfoma di Hodgkin e non Hodgkin, prolattinoma all’ipofisi, noduli alla tiroide.

Partono le prime indagini  e dall’Arca fanno sapere che dopo aver ricevuto la segnalazione dei condomini “sono state inviate delle note all’Arpa (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale, ndr) e all’Asl di Bari informandoli del caso e chiedendo analisi in tempi brevi.” Ma gli esiti sono negativi per la radioattività e i campi elettromagnetici.

E così dopo diverse segnalazioni la Procura di Bari apre un’inchiesta per accertare la causa dei numerosi casi di tumore registrati tra gli inquilini dello stabile negli ultimi trent’anni, affidando la consulenza tecnica ad un medico e a due geometri Esperti in Edificio Salubre, che avvalendosi dell’Arpa Friuli Venezia Giulia  e dei mezzi dei Vigili del Fuoco iniziano le operazioni di rilievo con attività di di scavo e carotaggio nei pressi della palazzina situata in via Archimede 16, nel quartiere Japigia di Bari. Vengono asportati pezzi di intonaco sia all’interno che all’esterno dell’edificio, prelevati campioni di acqua per valutare l’acquedotto. Una verifica a tutto campo, una ricostruzione fedele dei luoghi  dal momento dell’edificazione del fabbricato e un esame di tutti i progetti, le autorizzazioni, i computi metrici, i pareri igienico-sanitari. Si sono inseriti i casi dei tumori dichiarati e accertati con le cartelle cliniche nei vari piani dell’edificio, per apprendere che il lato ovest della costruzione è stata quella più esposta ai venti; qualche calcolo secondo le norme tecniche, accertamenti e conferme da parte del Servizio Meteorologico Aeronautica Militare. Una attività laboriosa che ha richiesto conoscenze tecniche per accertare la natura dei materiali, il posizionamento della rete fognante e dell’impianto idrico, concetti di urbanizzazione e geotecnica, orientamento dello stabile, esposizione e la capacità di interagire con altre figure specialistiche per accertare le cause legate all’edificio che hanno causato l’insorgere dei tumori.

E così dopo verifiche e analisi è stato stabilito che ventuno inquilini della palazzina nel quartiere Japigia di Bari sarebbero morti per tumori causati dalle sostanze tossiche provocate dai continui roghi della ex discarica comunale di via Caldarola, dismessa e bonificata ormai da 30 anni, ubicata a circa 300 mt in linea d’aria dallo stabile.  E’ un quadro epidemiologico che «richiama fortemente quello riscontrato nelle aree della cosiddetta terra dei fuochi». I Geometri Esperti in Edificio Salubre hanno così dato finalmente una risposta agli interrogativi degli inquilini, che da anni vivono nella paura e nel dolore dei lutti. La Procura di Bari, ha concluso con una richiesta di archiviazione perché è trascorso troppo tempo dai fatti accertati dai consulenti.

Per il Pubblico Ministero Baldo Pisani, infatti, è trascorso troppo tempo per perseguire penalmente il reato di morte come conseguenza di altro reato, ipotizzato a carico di ignoti. I familiari di alcune delle vittime – che abitavano tutte in uno stesso stabile di via Archimede 16 – hanno però fatto opposizione. Stando alla Consulenza dei Tecnici e del Medico nominato  21 dei 27 decessi per neoplasie rare avvenuti a partire dalla metà degli anni Novanta sarebbero attribuibili alla «esposizione dei condomini ad una sicura fonte di inquinamento ambientale rappresentata da prodotti di combustione provenienti dall’area oggi occupata dalla collinetta ecologica».

«La vicinanza del condominio con l’area della ex discarica, – si legge nella perizia – non più di 300 metri, l’assenza di altre costruzioni interposte e l’azione dei venti, hanno favorito il convogliamento delle sostanze inquinanti e la loro aero-dispersione verso gli alloggi», i primi costruiti in quell’area e quindi più a lungo esposti.

La discarica, su suolo di proprietà del Comune di Bari, era gestita dall’Amiu. È stata dismessa nel 1971. A seguito di “continui incendi per autocombustione» è stata poi bonificata tra il 1989 e il 1997.La Procura ritiene che «la responsabilità sulla vigilanza del sito sia attribuibile in solido all’Amiu e al Comune di Bari, in persona dei loro rappresentanti pro tempore dal 1962 al 1988», i sindaci e i direttori Amiu dell’epoca, ma «le condotte sono assai risalenti nel tempo per essere perseguibili penalmente, anche oltre trent’anni or sono, e dovrebbero essere individuate nel periodo precedente all’attuazione del piano di recupero della discarica e della mancata predisposizione delle misure di salvaguardia atte ad evitare gli incendi per autocombustione».

«Oggi non vi sono all’interno della costruzione elementi di pericolo per la salute degli abitanti». È scritto nella consulenza tecnica disposta dalla Procura di Bari per accertare l’origine dei tumori che hanno colpito gli inquilini del palazzo in via Archimede 16, nel quartiere Japigia di Bari, e che sarebbero attribuibili ai roghi avvenuti fino a trent’anni fa nella ex discarica di via Caldarola.«Le analisi condotte sulla costruzione e sul terreno circostante – hanno rassicurato i tecnici geometri Esperti in Edificio Salubre– hanno escluso la presenza attuale o pregressa di sostanze radioattive o idrocarburi dispersi così come stata esclusa una contaminazione dell’acquedotto».

Tuttavia «durante i rilievi – dice ancora la consulenza tecnica – è stata identificata una ulteriore minaccia per la salute dei condomini rappresentata dalla presenza di muffa, specie sul lato nord. Tale presenza costituisce una lesione del diritto alla salute dei residenti paragonabile a quella delle neoplasie e meritevole di intervento immediato».

Con riferimento alla causa dei tumori i tecnici ritengono “verosimile che composti organici cancerogeni oramai scomparsi dall’ambiente siano stati assorbiti dagli abitanti scatenando le neoplasie».

Gli accertamenti tecnici sul palazzo hanno consentito di individuare sull’intonaco del lato ovest la presenza della diossina OCDD, tipica dei fumi di combustione. «Si tratta quindi di un componente depositato nel tempo sulla superficie dell’intonaco – si legge negli atti – che oggi non è pericoloso ma testimonia un’esposizione a ripetute emissioni di fumi di combustione di diversa natura, derivanti dalla discarica Caldarola che storicamente datano ad almeno 25 anni fa. Da quel periodo è verosimile che gli altri composti tossici presenti sulla parete esterna siano stati degradati dagli agenti atmosferici, mentre quelli che sono penetrati all’interno delle costruzioni siano stati assorbiti dagli abitanti ed abbiano scatenato, coll’andare degli anni, le malattie di cui oggi si indaga».

Una attività che ha dimostrato ancora una volta come oggi sia necessario ampliare il bagaglio tecnico-conoscitivo dei tecnici delle costruzioni per far fronte alle nuove tematiche dell’edilizia, vista la relazione tra salute la salute dell’uomo e l’inquinamento indoor e outdoor. La figura dell’Esperto in Edificio Salubre è una competenza nata in seno al Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati, che ha pianificato una formazione apposita per gli iscritti sul progetto da anni messo in campo dall’Associazione Nazionale Donne Geometra con il mondo accademico.

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